venerdì 22 ottobre 2010

me

Amica, amica mia,
l'altra notte qui faceva molto freddo.
Un vento gelido scendeva dalle montagne e soffiava
in silenzio, senza nemmeno muovere una carta,
soffiava freddo.
La finestra è rotta, entrano molti spifferi,
e questa camera è fredda.
Non ho cenato.
Gente che cammina sotto casa
parla e urla ubriaca, fuori dall'osteria.

E' stata una notte senza nuvole, senza foschia,
senza nebbia, limpida, cristallina, gelida.
Il vento l'ha ripulita da cima a fondo,
ne ha liberato la vista, era una notte chiara.
Ho camminato, solo, per la strada deserta.
Gli occhi erano rossi e umidi, le guance ferme,
le mani facevano male,
non sapevo comandare le gambe,
andavo dove non sapevo di andare.
Avevo la solita giacca leggera,
le scarpe da ginnastica, la tua sciarpa,
sotto una maglietta a manica corta bianca.
Ha fatto davvero freddo l'altra notte,
E cercavo dentro di me parole che mi scaldassero,
inutilmente.

Mi sono mascherato molte, molte volte.
Ero lo svogliato, lo sfattone, il menefreghista,
l'intellettuale, lo stronzo, il puttaniere,
il cinico, il freddo, l'amicone di bevute,
il tipo strano, il tipo pazzo, il tipo silenzioso,
l'egocentrico, l'altruista, il capellone,
il rockettaro, il chitarrista, l'artista,
il genietto incompreso, il poeta maledetto,
lo stupido, il buono e gentile,
il timido, lo spavaldo, lo sportivo,
l'introverso,
ero per tutti qualcuno, ero per tutti nessuno.

Fiero e orgoglioso del mio distacco,
non piangevo, urlavo a volte, ridevo,
pensavo quel tanto che bastava a non rendermi apatico.
Una donna da toccare era un bel passatempo, meglio avercela che farne a meno.
Rinchiuso in lastre di vetro spessissime,
scalfite soltanto di striscio,
la mia normale, piccola, fragilità di bambino
se ne stava al sicuro dal vento,
barricata in una corazza di cemento,
i miei battiti non cambiavano mai bruscamente.

La mia fragilità mi si è ritorta contro,
è arrivata l'ora della vendetta.
Come diceva Neruda a proposito di quella cosa chiamata amore.

Il vento gelido ora sbatte direttamente sulla mia
nuda carne, sui miei occhi,
sul mio pube, sulla mia schiena scoperta,
sulle mie spalle, sul mio petto sul mio collo.
Nudo per come mi conosci,
per come mi vedi,
per come mi senti quando sono sopra di te,
o dietro di te,
o in fianco a te,
o sotto di te,
o appoggiato con la testa al tuo corpo
e ti guardo sorridendo.

C'è una calamita che vincola
le mie mani ai tuoi fianchi,
e ti circondo con la bocca pronto a mangiarti.

Ho scoperto potrei nutrirmi soltanto della tua bocca.
Il tuo sangue riempie le mie mani
e fare l'amore significa rubarti, prenderti,
incatenarti al mio petto,
scivolare sul mio sangue,
arrossata ti vedo nello specchio e sorridi,
hai i capelli scompigliati,
tremiamo di stanchezza eccitati
mischiamo il nostro sesso
e i nostri sudori,
sembra che non ci sia altro, che altro deve esserci?
Ci sono sono i respiri affannosi,
le bocche aperte,
io e te, amica mia.

Ora scusami,
davvero,
io che non potevo sapere,
io che inconsapevolmente
vengo piano piano bruciato,
fino a diventare cenere,
in una fredda notte,
amica.

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