lunedì 29 novembre 2010

C'era il ricordo dell'acqua tiepida che sapeva di erbe aromatiche e menta, poi era buio ma una musica bassa suonava per il corridoio, delle voci, qualcuno parlava, ma non potevo ancora capire!
E le notti del vento, che prendeva tutto, tutto! I gatti piangevano, o litigavano, e si mischiavano al vento, insieme mi parlavano della notte.
Chissà se venivano sollevati e portati davanti alle finestre della mia stanza.

Dal finestrino della macchina vedevo la neve, che era scesa così dal nulla, quella sera di dicembre. Non era semplice ammettere tutto quello che ci si presentava davanti, e non l'abbiamo mai fatto.
Che freddo faceva, dovevo capirlo, avrebbe certamente nevicato.
Si sbriciolava sotto i piedi la neve, in un suono di cui mi compiacevo.

Il vento! Tranquillo e caldo che sollevava la sabbia e ci infastidiva gli occhi, ci graffiava le braccia, mentre tu mi graffiavi la schiena.
Sospesi sui grandi pesci muti, dondolanti, al buio seguivamo le scie lasciate dalla notte, la fresca notte, la notte che ci ha lasciato soli, un albero, un sacco a pelo, fermi ma sempre oscillanti e gli occhi in alto.

Non pensare, ricorda.

sabato 27 novembre 2010

Fu così che pensai che mentre la mia testa girava, fosse ogni cosa chiara, sincera, viva, palpitante.
La pagina ruvida del libro scorreva sotto le dita, la mia lingua girava attorno una piccola nuvola di fumo.
Sincera, come sei, come siamo, lontani.
Chiara e viva, trasparente, senza forma.
Non ha forma il tuo corpo, stretto dalla morsa delle mie mani. Sei una piega degli occhi, la voce.
Terra che ci sostiene, distanti, congiunti.
Passo sulle labbra il dito freddo, le mani, sono fredde.
Calore di un ferro.
Luci, molte luci lontane e tonde, camminano, attorno la mia testa.
Senza urlare, parlano piano, dormono.

giovedì 4 novembre 2010

il delitto

Restavo insensibile davanti al mio delitto, sebbene una parte di me si muovesse dietro le tende rosse del salotto e mi spiasse con occhi carichi di orrore.
Una parte di me urlava rinchiusa nella camera a fianco, sbraitava e sbatteva le nocche contro il legno della porta.
Un'altra parte rideva di tutto, e quella parte aveva sempre riso di ogni cosa da sempre, da sempre.
L'ho fatto per non poter rimanere più solo. Dovevo capire.

Ero incredibilmente giovane e forte. Potevo ancora permettermi di saltare di illusione in illusione, cosa me ne importava?
Non sapevo di essere giovane, è normale.

Si stavano formando delle crepe lungo tutta la parete, e da queste scendevano piccole gocce nerastre.