martedì 9 agosto 2011

Il vento, il vento che soffia
che soffia come vento
in un giorno di vento
un mattino di vento
una notte di vento
scompigliata al vento
al vento denudata
il vento il vento che spinge
stinge gli intonaci delle case
rumore, rumore del vento
contro rami sempre pieni
contro erba appena tagliata
così comincia una giornata di vento
ascoltando il vento

lunedì 8 agosto 2011

Mi chiamavi sporgendoti dalla finestra, ma cosa dicevi esattamente?
Forse, è una mia ipotesi, accompagnavi al mio nome una parola dolce.
Forse un lieve rimprovero, simpatico e sciocco.

Giocavo nel lavandino di marmo, gonfio d'acqua gelida, in giardino.
Di là la catasta di legna per l'inverno, gli attrezzi del mestiere, trucioli e seghe.

Pensare al vuoto ormai.
Conviverci.

E' rimasta soltanto la signora al piano di sotto, e il marito sordo, entrambi molto gentili.
All'ultimo piano, alla porta di fronte, l'irrequieta Grazia e lo scontroso Bortolo.

Sei stata scavata letteralmente dalla malattia.
Ti ha smunta e svuotata, totalmente.

Ma il tuo passo svelto, il giro infinito dalle sorelle e dai fratelli dei fratelli dai nipoti e cugini.
Quei sentieri e le bottiglie di vino nello zaino, i panini al cioccolato.
Le continue chiacchiere estenuanti con le amiche, di tutto, ogni cosa.

Ogni cosa adesso ferma.
Stagnante nella lacunosa memoria.
Memoria priva di vita, marcescente, autunnale saluto.
Sfogliantesi nei giorni.

Poteva essere e non è stato.
Prevedibile noia dell'accadere costante.
Uguali a noi stessi, noi stessi che insieme già non siamo più.

L'odore della pioggia sui pini.
Scivolare con il sedere e rotolare tra gli aghi umidi del bosco.
Slogarsi una piccola caviglia alla ricerca di piccoli funghi.
Tremare per un falso passo d'orso.
Pestare cacca di cerbiatto e sorprenderli a bere al ruscello
(fai piano altrimenti si spaventano).

Chiacchiere saccenti di una che aveva visto il mare soltanto una volta.
Sposato un rozzo minatore di ritorno da Roma.
(Sarà stato il fascino di un accento così distante).

Non so nulla di voi.
Nulla.
Non ho mai saputo ascoltare attentamente.
Silenzio, non sussurrarmi nulla

domenica 7 agosto 2011

Un universo di solitudini incrociate.
-Voglio che tu sappia che prima di arrivare a ciò ho riflettuto, molto.

Quanto poi mi piaccia la forma della tua bocca l'hai sempre saputo,
anche mentre pronunci il mio nome diversamente dal solito
con un tono rassegnato e lasci cadere l'ultima vocale così
nel vuoto che c'è tra le nostre mani in quest'aria ferma immobile
un'aria che da portare non ha più nulla ormai nemmeno i nostri gesti,
e affannati affascinati dalla corsa tutto avevamo scordato tutto.
Potrebbe essere diversamente?
Rivendico il mio diritto a non sapere
non chiedere
non congetturare
non tentare a tentoni il mondo.
Assistiamo impotenti indifesi al crollo
del nostro grande sistema-mondo
capace di governare milioni miliardi, uccidere
a tempo debito salvare,
mentre io soltanto
inconcepibilmente fragile
tremo al vento tiepido.
Come una casa vuota
non si rianima al mio ritorno,
così non è stato al tuo ritorno.
Che spreco di fiato,
di gesti immobili fra queste
quattro vuote mura.

Non nascere può dirsi una fortuna?
Ci si arriva comunque, vecchi e ridondanti,
ci si trova una volta di più qui
in un vuoto senza un'eco.

mercoledì 3 agosto 2011

- E nemmeno puoi dire di stare arrancando, lottando per qualcosa-
è una lotta muta sai
mentre mi sfoglio in questa cerimonia in questa ripetizione
in questa lunga cena plastificata.

- Se soltanto tu provassi ad accettare. Pigrizia?-
barricato nel mio silenzio lo sai
c'è posto anche per te,
per tutti
cosa conta arrivare alla fine
e doversi dire ma qui cosa ci ho fatto
sono passato e le mie impronte
sulla brina di una domenica mattina
d'autunno soltanto.

E' cresciuta sulla sabbia
sugli scogli
la figlia del nostro tempo,
rinnegando alle prime lacrime
l'immobile cemento.

martedì 2 agosto 2011

Quanto profonde sono scavate le fondamenta
-Vedi in fondo è semplice-
più di così.
Basta soltanto badare a non
-dire troppo-
esatto, ci credi?

E' un lavoro di lima
di attenta smussatura.

-Vedi in fondo, tutto si riduce-
all'incomunicabilità
stavi per dire?
-No-

Un'implosione?
Un divampare solitario?

Cosa nascondi, cosa nascondi
dietro quel passo.

Perché non sai non puoi
sapere.

-Non sai, non puoi sapere
perché?-

Non conosci le cose al loro inizio
né tantomeno le conosci alla fine
ti ci avvicini a tentoni
e capisci soltanto di non prenderle.

-Come se non esistessimo
io, tu, altri-

E' stato detto troppo poco
dei filosofi sul letto di morte.

lunedì 1 agosto 2011

Nudi dopo l'amore di fronte allo specchio: autenticità primitiva. Spettinati, arrossati, sudati, sinceri.
Possiamo ancora esserlo?

domenica 31 luglio 2011

Ho sviluppato fin da piccolo un mio personale concetto di fine, che soltanto alcune pagine dopo ho potuto parzialmente ricondurre a un qualche autore.
Ero piccolo e conoscevo benissimo la fine. Una presa di coscienza, una responsabilità pesante per le mie spalle.

Mi illudo di scapparle. Ma le vado incontro isolandomi. Cerco l'autenticità. Non sapendo esattamente cosa sia, l'autenticità.
Non ne sono certo il paladino. La vita è una catena di compromessi. Una catena.
Non puoi sbrogliare una catena così pesante avvinghiata su se stessa.

Nonostante tutto a volte ha funzionato.
Sprazzi autentici di autenticità.
Non mescolarsi, non mascherarsi, non dover per forza parlare.
La fine si sposta più avanti.
Non c'è niente di peggio
che farsi delle domande
troppo presto.

Eccetto farsele
troppo tardi.
Cosa ci passa lentamente sotto
di fianco
sopra i nostri grandi copricapi piumati?

L'esperto di finanza avrebbe una risposta
la mia è vaffanculo
Celebriamo la frazione di secondo
la velocità
la prontezza nei riflessi
il ginocchio che si alza alla martellata

E cosa ci passa lentamente sotto
questo è un altro discorso

lunedì 25 luglio 2011

Un giorno dietro un altro e un altro
un altro un altro

venerdì 15 luglio 2011

Invischiato al tuo corpo nudo
Con garbata malinconia ci sfoglieremo come un album
attraverso luci riflesse dal vetro
poi scandiremo le sillabe dei nostri vecchi nomi
rievocando fantasmi nudi ma di parole soltanto.

venerdì 1 luglio 2011

Un momento un momento lasciami ragionare solo un momento.
Meglio di no.

sabato 25 giugno 2011

Una scrittura che riflette costantemente su se stessa
Cosa siamo diventati?
Forse non lo siamo diventati così,
lo siamo sempre stati ed è soltanto adesso, adesso
che lo sappiamo.
"Passiamola questa soglia una volta di più".

Quale soglia? Luce\ombra a metà dei nostri visi,
l'insicurezza intrinseca del "noi".

venerdì 24 giugno 2011

Se, in fondo, oltre a questo non sei nulla,
cosa credi di aver capito?
Intravedi forse nelle sue linee di rimando
un rimando all'oltre,
un qualcosa che non va a sperdersi.
In silenzio come sempre.
Il mio volto cambia.
Ma tu, tu solo in questo stillicidio
di parole
confuso tra falsi sorrisi e abbozzati saluti,
tu solo solo tu vero nei minuti di sonno
diverso e falso già allo specchio già dal mattino.

sabato 18 giugno 2011

Dove sono i miei piedi?
Immobili

venerdì 17 giugno 2011

Allunghi le braccia,
ma quello che cerchi
potrebbe essere uno specchio.
Il tempo non è mai tanto
solo che una volta calcolato
con un ritmo cadenzato fa scendere
i suoi chiari numeri di lancetta in lancetta.
Ma vedi,
il tempo non potrà mai essere tanto
se in fondo a questo non sai nulla.
Davanti a un camino di Dicembre,
io te ed Egon caldi stretti
ancora troppo sconosciuti.
Come dei sedimenti il tempo
ci accomoderà nel bagnasciuga,
o noi stessi il bagnasciuga?

mercoledì 15 giugno 2011

Sradica le sue radici se troppo profonde,
si dimena come un'anguilla fuori dall'acqua e
cerca di sfuggire la materialità che si è costruito
in lunghi giorni identici.

martedì 14 giugno 2011

Le guerre tra noi, le nostre guerre di tutti i giorni.
Torni al tuo paese sbuffando,
titubante indeciso non è lì che tornerai ancora ti dici
ma qualcuno\qualcosa l'ha già deciso per te.
Granitica immobile fragilità
di tracce sul fango secco.

(Lupi di città spersi in viali sterrati).
Un debole neon dietro le cose
imitandole quel tanto che basta,
accennando la loro natura così granitica immobile.

lunedì 13 giugno 2011

Arriveranno ad accompagnarci,
quanto dovremmo aspettare?
Non molto, tempo di pochi scalini in discesa
per una gamba non più così giovane ma in forma.
Si plasmano attorno a una vecchia immagine:

di piazze o vicoli silenziosi nelle domeniche pomeridiane
a tarda estate quando il caldo si fa' più sopportabile e ancora
non si rimpiange di aver rovinato il muto equilibrio
tra le panchine disabitate con un fischio,
le note iniziali della tua canzone.

mercoledì 25 maggio 2011

La diagonale taglia esattamente nel mezzo
l'irrealtà del tuo quadrato d'aria.
"E' questo il tempo per cambiare!"
mi urlavi da due passi nell'orecchio sinistro
"già troppo abbiamo aspettato"
o era il tuo tono malinconico al telefono?
e "non c'è più nulla da fare"
poi a bassa voce, mi dicesti con gli occhi a terra.

Non eri nessuno, soltanto un dialogo
nella mia testa, insolente e confuso
come il caldo nelle grandi città,
linea di vapore
"lontana, quasi invisibile, irreale"
o patina negli occhi stessi.
Forse domani domani forse
l'importante è aspettare un'altro giorno.
Svincolati da qualsiasi metafisica,
siamo ancorati alla terra.
Non per molto, non per molto.
Per nulla, anzi, per nulla.
Tra le crepe si insinuano gocce
di incertezza, e l'impalcatura,
pregna cede sotto il peso dell'umidità.
Voleva forse riconsegnare l'uomo
nelle mani di Dio con la sua opera?
Operazione ardua e difficoltosa,
riuscita (non esattamente)
apprezzabile (discretamente).
Le capacità del mercato
il mercato delle capacità
"intrufolati come un ratto e rosicchiane
le enormi fondamenta!"
Ma preda o predatore
battitore o battuto
la differenza non rimane
restando schiacciati.
I tuoi ricordi disordinati nella stanza
che hai abitato da vecchio
già abitata dalla tua morte,
e loro vedendoti già sapevano
già intendevano l'ineluttabilità della tua
(loro stessa) mediocre fine.

Hai lasciato correre,
niente è più perduto di questo ti dicevi
intanto dietro le porte altre stanze chiuse
bianche parlavano altri incroci
di storie altri ventagli muovevano vento
riluttante tra i letti.

Vedendoti tutti loro credendoti tutti
sulla parola, tu che senza parole ancora
già steso in dormiveglia ascoltavi solamente.

martedì 24 maggio 2011

Una volta ho scritto il mio nome
con un bastoncino di paglia secca su un tuo fianco
c'era scritto proprio "Simone" e l'ho fatto senza un vero motivo
e che motivo poteva mai esserci?
Cosa importa dei motivi, importa che forse
ancora è rimasto forse ancora il mio nome
riflesso nel tuo
Ti voglio bene, e mi piace
portare il braccio attorno al tuo bacino e stringerti a me.
Poi a volte mi arrabbio, ma non è mai vero.

lunedì 23 maggio 2011

Hai sempre finto di sapere e ti sei portato
tale cosiddetta impalpabile finzione fin sotto
là sotto con te di sotto.
Poi un po' di terra umida, qualche scritta o parola più leggera dell'aria,
e via che si ricomincia la finzione a cui ci avevi abituato tutti,
tu che fingevi, noi che fingevamo di guardarti stupiti.
(E il vecchio fatto prigioniero dagli inglesi,
magari ha abbandonato la bicicletta ma ogni volta torna
e sempre più sordo a raccontare).

Non credo abbiano mai saputo il mio nome, né l'uno né l'altro dei due.
Segui le orme dei morti che ti sei lasciato alle spalle,
quelle dei loro piedi leggeri sulla sabbia
alcune più trascinate delle altre
(forse più riluttanti).
Non hai potuto e non hai dovuto curarti di tutti,
ricordare ognuno.
Il pittore, è andato.
Pareva in gamba, i capelli a mezzo collo
impomatati, il corpo gracile e la parlata svelta.

Ma ricordare è uno sforzo, dimenticare una dolcezza.

giovedì 19 maggio 2011

Non abbiamo nulla per cui morire.
Moriamo fin giovani soltanto respirando,
e senza lotta (e lottare per cosa?
chi credeva davvero di morire lottando?
lottare, già).
Siamo brutte copie.

martedì 17 maggio 2011

Il rumore e i segni di unghie sulla porta,
la stessa porta su cui posasti le nocche due volte,
entrasti curioso senza fare domande se non dicendo
"ho sbagliato, meglio presto che tardi
rendersene conto"
Ecco: la poesia non può dare vita proprio a un bel niente. Ma davvero, niente. Le parole fanno l'esatto opposto: cristallizzano.
E' come un orgasmo di onnipotenza: Dio che imprime sulla pietra i Comandamenti.
Sta di fatto che comincio a odiare le parole vaghe, buttate lì per tentare di ingigantire delle reali banalità, quelle parole altezzose che fanno presa fino in terza media (scherzo, hanno fatto presa su di me fino a poco fa).

Esempio:

L'infinito immenso scorrere del fiume
specchiava le costellazioni tremolanti
tra le increspature dell'acqua.

(wow)
Non inganniamoci: la poesia è sempre appartenuta a una élite. Oppure ha seguito, lungo il corso della sua esistenza, parabole opposte (e variano a seconda degli autori, certo).
Ma la domanda è: tutti devono leggere poesie, o solo una minoranza? Chi le scrive (e ancora ci crede in un modo o nell'altro) vuole farsi leggere, farsi capire, farsi lodare, in che punto di vista vuole porsi?

Perché il mercato è il mercato. Ma la letteratura finirà stritolata dal mercato, lo è già, non lo sarà mai?

(Mi vengono in mente soltanto domande.)

mercoledì 11 maggio 2011

Trovo così poco sincera ogni cosa, adesso.
Quali saranno le cose a restare,
quali ad andare e quali a tornare,
e quelle lasciate annegare (sempre più giù),
le altre ferme che non ci aspettano più.
Non avevamo fermato tutto in una fotografia
(una persona già morta, un gatto,
un bacio, ricordi quel vecchio
seduto sulla panchina, e di fianco il mio viso
imbronciato? dopo quattro ore d'auto
per una scatolina di cartone decorata
chissà quando, e le mie lacrime
e i funghi enormi nel giardino della nonna).
Abbiamo soltanto raccolto polvere?
E poi restare nascosti e mettere giù
due parole soltanto per se stessi alla fine,
no?

lunedì 9 maggio 2011

La sensazione che si prova fissando intensamente una determinata cosa, fino a scordarne la forma e il nome,
come si chiama?
Dato oggettivo: il tempo passa.
Le cose che, lasciate sole, vivono la loro vita ferma.
Ma in cosa potremmo mai distinguerci da una carta di caramella
caduta fuori dal cestino questo pomeriggio?

Ma ecco che ritorni,
il tuo passo dilata le mie pupille
e sono con te.

Torno a chiedermi
quanti tuoi passi potrò di nuovo
contare, e da lontano
ne arriva soltanto l'eco.

Si spengono all'alba i lampioni del viale,
torna il dato oggettivo,
ci assilla
ma più incolpevole di noi.
Dietro sottili veli di trasparenza
covano le formiche,
i rimasugli di tutto ciò che fa parte
di noi ma è oscuro,
ma non poi così
nascosto, a pensarci
bene.

domenica 8 maggio 2011

Saranno stati i cani ad abbaiare l'intera notte,
a scavare fosse lungo i fiori del giardino,
a incidere di segni la porta d'entrata.
E un segno diceva: "sai".

lunedì 7 febbraio 2011

La parola scivolare mi fa venire in mente cose di te.
Scivoli a volte lungo il la mia schiena, scivoli a volte sulle mie gambe.
Ti scivolano via di dosso i vestiti, scivola l'aria sulle tue guance, scivolano le cose che pensi.
Scivolo con le dita sulle labbra aperte, vogliono parlare e vogliono baciare queste labbra scivolose.
Sci-vo-la. Scivola la parola, come saliva sulle spalle.