martedì 27 aprile 2010

un pomeriggio

Che odore di sera d'estate diceva
ma fuori nasceva di nuovo la primavera come ogni anno
e stupiti guardando dalla finestra puntavano il dito verso le foglie.
Le finestre spalancate davano sul cortile sotto, e più in là sulla chiesa,
e dall'altra parte sulla strada stretta tra villette a schiera.
Nella camera avvertiva lui il solito odore che ormai riconosceva
ogni volta che saliva le scale, con un accenno di sorpresa
come chi ogni volta sente l'odore famigliare del prato appena tagliato.
E la luce entrava non tremante ma sicura e ferma,
tagliava la stanza e la scrivania e riempiva le mensole.

E l'odore di sera d'estate si mischiava all'odore di lei,
poi l'odore di lei si cospargeva di sudore di lui e di saliva
e le lenzuola assorbivano, ora nella penombra,
il sapore intenso dei loro corpi stirati accanto sotto lenzuola umide.

E le parole sapevano come di suoni soltanto,
e i gesti infinitesimali diventavano carezze sospinte nell'aria leggera,
e le mani pronunciavano parole inesprimibili,
ma semplici e sospese,
segni incerti e senza significato,
se non l'essere loro stessi il significato.

Con innocenza stavano in silenzio ad osservarsi,
alcuni momenti,
ad appoggiarsi alle insenature della carne,
alle sporgenze delle ossa
osservando infantili e giovani e stupiti
come il resto in fondo non importava più molto.

E lei disse: "resta ancora"
ma lui se ne andò,
ridendo del tempo.

sabato 24 aprile 2010

sai

E' così come quando da bambina sapevi cercare i lombrichi nella terra
e affondavi le sottili dita nel morbido ventre del mondo.
E inseguivi i granchi sulla spiaggia
e ti lasciavi affondare in un'urna azzurra.
Niente in fondo è cambiato, niente in fondo cambia mai.
Oppure tutto cambia per non cambiare.
Sai ancora lasciarti stupire dai colori
e sai sentire quei soffi delicati
di primavera.
E pensi ancora di non sapere nulla,
come se davvero da sapere ci fosse altro.

venerdì 23 aprile 2010

Te ne rendi conto? Eravamo qui eppure non c'eravamo. Cosa abbiamo vissuto? Oddio! Cos'erano quelle luci? Quel tempo che non era tempo?
Mi sentivo nascere, rinascere dopo una morte, e mi sentivo morto, e sepolto, strati di terra, eppure ora no sono qui giovane e vivo e pulsa il sangue e mi battono le tempie a ritmo del cuore.
Aiuto! Aiuto!
Dov'ero chi ero e cos'ero?
Voglio capire! Cosa mi è successo?
Facevo ormai parte del mondo delle cose che lente si decompongono, mangiate dai vermi e divorate dai corvi e dalle iene, mentre ora io e te ci guardiamo e non pronunciamo parole, ma i nostri pensieri, lo sento, combaciano.
Ti sei sentito anche tu accarezzato da labbra calde? Hai sentito il soffio di un'alito tiepido sulla cervice?
Avvicinati così, lentamente, e ti scongiuro toccami, ho bisogni di sentire. Chi siamo?
Chi sei tu, chi io, chi ci ha ridotti così, a morire divorati da una mancata conoscenza, da una inconsapevolezza oscura come un pozzo di petrolio, incoscienti di fronte al terremoto del nostro misero soffice corpo?
E queste ossa piegate al vento, uscite dalla carne, strappano la pelle e scaraventano dal torace i mali che ci accompagnano nella discesa che seguimmo, dal sentiero blu che illuminò le nostre colpe di uomini.

mercoledì 21 aprile 2010

diversa ma non troppo

Stavo camminando alla mia solita andatura, niente di strano, magari per alcuni può essere a passo spedito, ma ve lo giuro è la mia andatura naturale, ne sono più che sicuro, non c'era alcuna fretta.
Dicevo, stavo camminando, e senza alcuna fretta appunto.
Mi guardavo in giro, non ero mai passato per di lì. E' così strano avere la presunzione di conoscere una città fino alla noia e poi per sbaglio scoprire qualche nuova via che la rende di nuovo interessante e coinvolgente.
Ecco, camminavo, per questa via, e intorno c'erano tutte cose nuove, almeno per me.
Una chiesetta arrampicata su un'altura, e un sentiero ripido per arrivarci, un fiumiciattolo stranamente silenzioso e pulito che scendeva da una collina nascosta tra i cespugli, un locale di vecchio stile, l'insegna già parecchio consumata, in via Trieste, se non ricordo male.
Persone sedute fuori a sorseggiare birra, sotto l'ombra dei platani, e un irreale silenzio, sembrava catturato dalla luce del sole, e quell'odore particolare che hanno le piante in primavera.
Sembrava odore di carne in una macelleria, ma erano davvero le piante, sicuramente.
E poi così dal nulla, come se fossi in un posto dimenticato da Dio ad anni luce dalla solita parte della città, mi viene incontro lei con la sua solita particolare voce, mi saluta, mi stringe una spalla, e il silenzio che c'era prima non era più silenzio, noto un nome di una via a me già nota, e capisco che tanto lontano non sono.
E la gente che parla come al solito.
Insomma mi incamminai con lei e c'era la strada che saliva, e lei parlava e parlava, si spingeva sempre più verso il mio corpo, mi sfiorava il braccio, appoggiava, all'apparenza casualmente ma non tanto casualmente, il dorso della mano sulla mia, e si comportava come quelle gatte che rotolano per terra e si strusciano provocando il maschio.
Ai miei occhi era tutto così divertente. E intanto salivamo per quella strada in pendenza, senza fare fatica.
Dalla terrazza sopra la collina si poteva vedere uno scorcio di valle, i palazzi alti e grigi del quartiere vicino, le montagne da una prospettiva diversa ma non troppo.

lunedì 19 aprile 2010

Ma sono soltanto una foglia che cresce
in pezzo di terra
una carta che esce
Troppa fretta di dire tutto in un attimo.
Meglio stare in silenzio.

sabato 17 aprile 2010

Allora tu mi dici
con una ragazza sulle ginocchia
che io sono l'anima della festa
che tutti mi aspettavano.
No io sono una comparsa
ti scongiuro non puntare su di me tutte le attenzioni
lascia che la festa se la godano tutti
senza che guardino a me
come il loro esemplare particolare
come l'attrazione ambulante.
-A cosa pensi?
-Non lo so.
-Non lo sai? Che risposta è?
-Senti magari non stavo nemmeno pensando.
-E non ne sei sicuro?
-Ma sicuro di cosa?
-Da come mi hai risposto, non eri sicuro ne di aver pensato qualcosa, ne di non aver pensato nulla.
-Ecco si appunto è così. Sai la maggior parte delle volte non penso. Sai perchè? Perchè innanzitutto non credo troppo nelle parole. E poi mi fido di quello che vedo. E mi fido di quello che sento.
-Ah certo, certo.

Uno dei due è un tipo strano, e l'altro pure è un tipo strano. No sono entrambi normali. Non hanno nulla di speciale. O sono entrambi speciali. In fondo sono carne. In fondo si muovono. Si sbattono di qua e di là. Hanno occhi verdi, azzurri, neri, hanno tutti gli occhi, e suonano melodie.
Cantano spesso e si intromettono nei pensieri di tutti.

giovedì 15 aprile 2010

E' questo?

Cambi e non te ne rendi conto
maturi
ma come i frutti non lo capisci.
Sei tu
non sei tu
sempre devi essere
qualcuno a te famigliare.
E intanto passano
quelle ore e quei giorni
che gli uomini hanno cercate di rinchiudere
in queste stesse forme e parole.
Ma corri il rischio di non riconoscerti una mattina
di non sapere
così per un momento
dove e cosa
ti ha portato lì
quale aria
quale strada.
Osservi in religioso silenzio
la tua stessa immagine
ti ci avvicini diffidente
o lei si avvicina a te
e vi toccate.
E' questo?

piano

Era forse il tempo che ci rendeva così
era forse la luminosa stupidità in cui guardavamo
quelle lunghe notti in cui camminavamo lenti
e tutto si spostava, ma piano

mercoledì 14 aprile 2010

vedi

Vedi? E' così bello. Siamo talmente abituati a vivere e convivere nella bruttezza, nel grigiore, nell'artificiosità, che quello che ora abbiamo davanti ci appare come un paradiso terrestre. Ma è sempre esistito, e dopo di noi ancora esisterà.
Quanto mi consola sapere tutto questo. Sapere che non è tutto qui, io, tu, loro, non siamo, non sono tutto, quello che sappiamo non è la verità.
Che la verità non serve, a cosa servirebbe mai?
Ma forse temiamo di porci fuori dagli affari degli uomini. Forse corriamo il rischio di adagiarci nel silenzio.
La mia verità è quello che ho davanti adesso.
Non mi importa sapere cosa sarò, dove andrò, se deluderò, se dormirò, se mangerò.
Cercare, cercare non un senso, ma cercare senza rumore, scorrendo e soffiando sul vento che mi investe le labbra.

martedì 13 aprile 2010

viveva nei ricordi

Era solo, solo insieme al mondo, e nuotava nel colore dei ricordi.
Qualcuno gli aveva detto che le persone erano fatte di ricordi, che la vita stessa fosse un ricordo costante, continuo, perpetuo.
Ma era solo, e non stava male. Galleggiava negli odori, nei suoni, si faceva dondolare e si aggirava solo, per le strade, con un mezzo sorriso stampato in volto.
Quella sua solitudine non lo abbatteva, non lo fiaccava, ma lo rendeva sempre più silenzioso. I suoi silenzi valevano più di molte parole, gli zigomi rivolti al sole, le spalle alte, e stava in silenzio.
Forse nel tempo non nemmeno avrebbe più risposto ad un passante che domandasse l'ora. E non poteva sapere l'ora, era solo.
No, seriamente, male non stava.
Si quel qualcuno aveva ragione, ricordi, siamo ricordi, siamo odori di una stagione passata, di un mese trascorso, di una donna baciata, siamo suoni di parole strascicate dai bambini fuori dalle scuole, di fronde scosse dal vento, di clacson, siamo colore, siamo luce, siamo nebbia di una mattina, grigio pioggia.
I suoi silenzi morivano nei ricordi. Nell'odore di donna impresso sulle dita. Nelle sue forme spigolose, i suoi silenzi così morivano sospirando.
bisogno
desiderio stringente
fremente
tremante
bollente

lunedì 12 aprile 2010

Penso che sia bello scoprirti e conoscerti senza parole.
Annusandoti e toccandoti, mordendoti, muovendomi in te.
C'è uno spiraglio lieve di luce
dalla finestra
l'aria color primavera
e mentre scendo tra le tue cosce
scopro te
e la mia bocca ti scopre
e ti scoprono le mie mani.
Selvatici
ascoltiamo odori con la lingua
e scivoliamo reggendoci stretti.
Sei di spalle
passo le dita sulla spina dorsale
e reggo stretta la tua vita
non mi sfuggi
sento che sei calda
morbida dentro
sei viva.
E danziamo
rotoliamo
intorno un mare di lenzuola
mordiamo labbra
ci spingiamo via
di nuovo scontrandoci
di nuovo.
E ritrovarsi infine
appesi
piegati tra le braccia.
Siamo protagonisti di una disperata lotta
che chiudiamo stanchi
e sorridenti

giovedì 8 aprile 2010

Nel semibuio
stretti tra porte addormentate
sentivamo soltanto le vibrazioni
della nostra carne
e chiarezze riflesse sui corpi
che lenti e armoniosi disegnavano linee silenziose
dondolati a ritmo di luna
avvinghiati in parole sussurrate all'orecchio
a labbra socchiuse
Una scogliera nera da cornice
alla foto di un sole che batteva basso
sulle onde
Come galleggiare su un letto d'acqua
dondolato da lievi onde sinuose
sentire sdraiato sul tuo ventre
il rumore del mare
nei miei occhi verdi bosco
i tuoi di un verde più chiaro
e non andare a letto
resta ancora un po' qui
Sono pronto a raccoglierti
ora che il tempo matura le foglie
stende il suo velo di tiepida freschezza sulle mie braccia aperte
Sono uscito correndo e sbattendo le ginocchia sulla terra
ho urlato il mio nome e non mi è tornato nulla
ora la voce è dell'aria non è mia
e cado e rotolo tra l'erba
e il sole ormai basso mi vede indisturbato e nudo al caldo della stagione

mercoledì 7 aprile 2010

Scottato dalla primavera
dal vento tiepido sulle braccia
liscio come fianchi di donna
i tuoi.

martedì 6 aprile 2010

C'era il mare
e il vento del mare
nuvole
e sprazzi di sole
c'erano rocce d'ardesia

giovedì 1 aprile 2010

Siamo tutti delle maschere e tutti nascondiamo una paura