domenica 10 gennaio 2010

incubo

Aveva avuto un tremendo incubo, che lo scosse per diversi giorni. Non era nulla di surreale o spaventoso, non aveva a che fare con una caduta, con una morte, non era un incubo dei soliti. Era così forte che chiuse lo stomaco del ragazzo, non mangiò per tre giorni.
-Ragazzo, è ora che tu ti faccia uomo. E' da molto che vorrei farti un discorso del genere. E' ora che tu cresca.
-Papà, c'è qualcosa che non va?
-Non puoi più essere un parassita. Sei un parassita. Ci stai prosciugando. Stai prosciugando i nostri risparmi, e stai dilaniando la nostra felicità.
-Ma papà, io...
-Taci, taci. I tuoi silenzi ci hanno angosciato negli ultimi anni, avremmo voluto vederti morto e dimenticato in un angolo della strada. I passanti ti avrebbero scambiato per un barbone ubriaco, e saresti morto solo e al freddo.
-Io, io...
-E' ora che tu te ne vada. E' ora che la tua ombra di angoscia se ne vada. Sei una maledizione, sei un cancro. Vattene.
-E' freddo fuori, non ho nessuno oltre voi, ti prego.
-Vattene! Misero essere putrido, odori di morte. Come ha potuto il mio seme dar vita a te?
Quando si svegliò pianse. Nel sogno il viso del padre era pieno di rughe, gli occhi parevano due pozzi neri, profondi e privi di luce. La sua voce pareva facesse tremare le fondamenta tanto era possente e tanto sembrava rimbombasse.
Un'incubo terribile.

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