sabato 16 gennaio 2010

cezare (p.4)

Cezare torna a casa.
-Come è andata la giornata?
-Il solito.
Si sdraia sul letto. La sua maglietta è sporca di terriccio e ha alcune chiazze di sangue.
Il giorno dopo Cezare non pensa più al giorno prima, ha dormito bene durante la notte, si sente riposato.
Passa la giornata a scuola come sempre, come sempre silenzioso, tiene gli occhi fissi davanti a sé e le parole lo sfiorano appena.
Ogni tanto fantastica. Si immagina ricoperto di foglie.
E la mattinata passa. All'uscita la professoressa dell'altro giorno lo ferma. Lo infastidisce.
-Cezare, davvero sono molto preoccupata per te. Posso provare a capirti, se ti apri un attimo. Parlami un po' di te, di quello che fai, non avere paura. Vedrai che ti farà bene.
D'improvviso, come se prima l'avesse già bello inscatolato e posto su una mensola in un angolo della memoria, ed ora questa scatola fosse caduta aprendosi, gli balza per la testa il cane.
-Ho legato un cane ad un albero, e l'ho ammazzato di bastonate. Ma sarebbe morto di fame comunque.
La donna rimane perplessa. Non sa bene come comportarsi.
-E perchè l'hai fatto?
-Vede, non me lo sono ancora chiesto. Probabilmente ero annoiato. Non crede?
-Vorrei tanto parlare con tua madre.
-Non le direbbe molto. Se ne sta sempre zitta. Legge riviste sul divano, poi si sposta in camera, poi ancora sul divano. Di tanto in tanto esce a prendersi quello che le occorre.
-Vorrei provarci ugualmente.
-Lei è stupida sa? Se ne rende conto? E' inutile le ho detto.
Cezare se ne va e non lascia alla donna possibilità di replica.
Le poche volte che Cezare dialoga con qualcuno succede sempre così.

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