lunedì 8 febbraio 2010

incubo

Vaghi ricordi annebbiati.
Un enorme boa nero strisciava con silenziosa eleganza tra l'erba bruciata dal sole estivo.
Cantavano alcuni grilli. La staccionata oscillava impercettibile. Un vento sommesso soffiava delicato. E mi sentivo il cuore in gola.
Rumori, lievi e mescolati tra loro, li distinguevo, nitidi.
Il fruscio del boa, le grida degli insetti, il tonfo ritmico del petto che sale alle tempie. E batteva, batteva. Il frastuono della luce del sole, un boato, assordante, accecante, da ogni parte.
E i miei pesanti passi su fili secchi d'erba. Certo mi muovevo, eppure non facevo un metro.
Avvertivo una tremenda fatica: ricoperto di sudore, la bocca e le palpebre contratte.
La staccionata, vedevo la staccionata, posso raggiungerla. Quanto ero pesante, le gambe erano piombo.
Manca aria.
Il serpente mi ha raggiunto. Mi sale lungo le gambe. Le ossa, la tibia, il perone, si sgretolano sotto la sua stretta.
Incapace di urlare, il sangue bolle. Ora sudo freddo.
Immobile ogni osso del mio corpo si frantuma, e sale il battito, tum-tum, un ritmo frenetico e regolarmente spaventoso.
Aiutami, aiutami, aiutami! ricordo che tentavo di gridare nel sonno.
Poi il bacino che si spezzava, il sangue compresso nelle vene, le costole rientrano e forano i polmoni e il fegato.
Un fiotto di liquidi esce dalla bocca. Vomito sangue e acidi intestinali.
Sento gli occhi scoppiare, sento esplodere il collo, è intorno al collo.
La staccionata non è lontana, solo alcuni passi, la potrei toccare allungando il braccio.
Sono ridotto ad un ammasso di carne privo di struttura scheletrica.
E sento tutto, tutto quello che accade, sono lucido, consapevole, e fermo, ed ogni cosa mi si presenta chiara e alla luce di quel sole altissimo e del suo tremendo boato accecante.
Per quanto ancora?
Nemmeno un rantolo esce, un gemito, un impetuoso urlo di salvezza.
Paralizzato dallo testa ai piedi, si stringe a me la pelle liscia e nera del boa.
I grilli, li sentivo ancora.

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