mercoledì 17 febbraio 2010

giustificazione

La suola di una scarpa che si consuma è il cammino, un cammino metaforico, una ricerca di un indefinito qualcosa che consuma una cosa concreta e materiale, la suola, la persona.
Strade di luce. Fatte di flash accecanti.
"Trapasso stanco di rinascite" suonava bene. E' una ricerca continua, stancante, è una rinascita attraverso il passaggio in rassegna delle memorie, faticoso e non sempre piacevole e semplice.
E siamo stolti e stupidi quando ci tornano in mente cose che poi ci bruciano, e lo sappiamo, sono cose calde, ardenti come le braci, e lo sappiamo, e ci appoggiamo il palmo della mano comunque, ci scottiamo volontariamente, con una dunque consapevole stoltezza che deriva dalla necessità di farsi male, di provare del dolore.
Ed è proprio il senso di freddo intenso dentro di noi che ci spinge così a cercare la scottatura nei ricordi, in ciò che è andato e non tornerà.
E così questo bel caldo inizialmente apparentemente rassicurante da dentro ci erode, e ci rende consapevoli di tutto quello che è stato.
Il rumore di un pozzo profondo, non ne vediamo il fondo oscuro, ne sentiamo solo il rumore, e la pioggia, cioè vapore che sale invisibile verso il blu cielo.
La brina sull'erba. Sono qui mescolate alcune immagini, come fotografie.
La foto del silenzio.
E fotografie, cioè ricordi che lenti ed inesorabili si fanno sempre più confusi, lontani, distanti, sfocati, nonostante quegli attimi in cui riaffiorano così d'improvviso ma a fatica, per esempio quando ci si ricorda dopo molto tempo dei particolari piccoli ed insignificanti di un qualcosa o di qualcuno, come bagliori.
E tornano per un infinitesimo di secondo a galla quelle strade, quelle memorie, quei ricordi, dove eravamo stati qualcun altro, noi, io, te. Dove ci eravamo consumati, dove avevamo vissuto, dove tutto era qualcos'altro.
Esattamente quelle memorie smembrate, prive di carne e reale concretezza, prive di vere e proprie sagome nitide ormai, ricoperte da un velo di fumo per la maggior parte.
Soffuse e delicate, e ti chiedi, e speri che ti tengano compagnia per sempre, che non rifuggano nei fondali bui della mente, sotterrate dalla sabbia del tempo.
Non è una parafrasi, è più una giustificazione.
Giustifico le mie parole, e do a loro il mio significato. Quando le ho scritte di certo non pensavo consapevolmente alla spiegazione che hanno dato loro in queste righe.
Ecco perché è una mia giustificazione.
Ma è mia. Ci si può comunque vedere una cosa sconclusionata, maledettamente inutile e vana.
Ma almeno sono riuscito a giustificarla.

Nessun commento:

Posta un commento