domenica 28 marzo 2010

Hai paura a tornare a casa sola
in bicicletta al buio.
Hai paura della finestra
mossa dal vento.
Hai paura del rumore secco
del legno dei mobili.

venerdì 26 marzo 2010

ricominci a sentirti di nuovo irrequieto

lunedì 22 marzo 2010

preghiera

Cos'hai da offrirmi?
Quali sconfitte hai destinato
quanti intralci e vie secondarie
mi hai preparato?
Non arriverò
questo è chiaro
partirò
ma forse nemmeno.
Sai mi stai lasciando a piedi nudi
tra i vetri
la sabbia mi sta entrando
nelle ferite
lascio una scia scura
lungo quelli che erano passi.
Affondami! Smembrami!
Distruggi quest'immunità!
Annientami e percuotimi di rabbia
scalciami il ventre
e rovesciami le budella.
Offrimi il tuo sale!
Così che io lo sparga sui tagli
e urli di gioia.

scomodo

Sono qui
e rimango scomodo
seduto male sullo sgabello di legno
o in prima fila con la testa alta a guardare il cinema

domenica 21 marzo 2010

verde

Grandi occhi
verde chiaro.

tipo

Ancora non sapeva se sentirsi finalmente maturo, oppure in fondo ancora un ragazzino.
Non erano arrivate ancora grandi sfide o grandi esperienze, non si erano in qualche modo compiuti dei riti di passaggio da un'età all'altra. Magari soltanto il fatto che si chiedesse questo significava che un po' maturo lo era: tuttavia si sentiva tremendamente stupido e impacciato davanti a troppe situazioni.
Parevano tutti così adulti ai suoi occhi. Tutti avevano storie da raccontare, lui stesso ne aveva, se solo avesse avuto una volta la voglia di ripescarle. E poi non sapeva raccontare.
Era bravo, e se la cavava in quello che faceva, quando faceva qualcosa, ma ultimamente davvero non combinava più nulla, se ne stava lì bello e silenzioso, due cosette qua, due cosette là e il tempo lentamente passava.
Ecco probabilmente era nato e cresciuto nel posto sbagliato, aveva conosciuto la gente sbagliata (non criminali oppure pazzi, soltanto gente maledettamente noiosa), non era stato costretto a nulla, il che potrà sembrare paradossale, cioè alla fine un giovane vuole essere libero, e lui lo era sempre stato, troppo, sempre.
E si controllava, eppure sentiva sfuggire una parte di sé in qualche oscuro angolo di mondo.
Non sapeva davvero nulla, ma chi davvero sa qualcosa? Gli altri gli davano l'impressione di sapere, ecco, sapere.
Esattamente la maggior parte delle persone trasmettevano a lui quest'impressione: io so, so come funziona il mondo e sono disposto a farmici ingabbiare, non è una cosa brutta, ci sono nato, uscirne vorrebbe dire morire no? E poi tanto vale rimanere inconsapevoli, cosa c'è di meglio di una innocente e dolce inconsapevolezza?
A volte li invidiava, altre volte meno, fatto sta che per principio tendeva alla solitudine.
Credo fosse un codardo, un po' timido, un tipo silenzioso e lunatico, ma tranquillo, normale, e si annoiava un po' troppo spesso.

luce

Ha speso tutto il suo tempo
guardando lontano, più lontano che poteva
ma i suoi occhi hanno perso colpi
ora sono offuscati e sempre più piccoli
non vede più tanto lontano come prima
prima quella era una linea
e quello un profilo
quella che si muoveva una volpe
quella che rimaneva immobile una pietra

La luce l'aveva piano piano accecata
guardando lontano
l'aveva nutrita di linfa
mentre lei
piano piano
senza sospetto alcuno
moriva.

sabato 20 marzo 2010

oltre

Sei passato per questa strada
prima di me
prima di me hai visto
cadere foglie lungo il viale
e castagne e salici chinati a terra
hai sentito scrosciare dall'alto
e hai visto illuminare d'improvviso la notte
hai espresso i tuoi desideri in forma di preghiera
hai messo la tua vita nelle mani del mondo
hai calcolato i tuoi passi
hai misurato le tue ossa
sei la strada che passa oltre.

gennaio

Gennaio
Ianuarius
Giano
dio degli inizi
materiali e immateriali
del nuovo
di sorpresa
continuo inizio
flebile fiamma
eterno ritorno a orme
sempre fresche

colore

A colpi di falce spezzava rami d'erba
sotto la cappa estiva
con il berretto di paglia
le maniche della camicia arrotolate.
Il sibilo della falce nell'aria limpida
faceva brillare il silenzio.
Ombra verde.

vecchio uomo che tornava e ripartiva

E veniva ogni volta da lontano
quando sembrava ormai partito per un mare
ritornava stranito e con nuove rughe
la fronte aggrottata di pensieri
e portava con sé le ceste piene di sabbia
e terra di dove era stato.
La pelle bruciata di sole
ma tornava e nei suoi capelli
bianchi cresciuti
si respiravano odori di venti distanti
di fumi orientali
e nevi del nord.
Conosceva quello che doveva conoscere
per non parlare
ma urlavano gli occhi socchiusi
alla stanchezza.
Era stanco e tornava in pace
martoriato dentro da temporali di inquietudine.
Ripartiva sempre
come sempre
ed ogni volta.
Stanco del viaggio
cadde un giorno nell'acqua
e venne trasportato a fondo dalla corrente.

venerdì 19 marzo 2010

Non rimane poi tanto

Non rimane poi tanto
forse un segno
o una scheggiatura.

muta

Sai sono stato sfiorato
ogni cosa mi sfiora
di striscio.
Scorre
cade ai piedi.
Se ne va
si rintana
muta
in un rumore di fondo.

mercoledì 17 marzo 2010

vibra

Un treno passa
con il suo rumore
sulle rotaie
e vibra il tavolo.

lunedì 15 marzo 2010

ecco

Tratteggiare con nitidezza ogni forma,
ogni tua forma,
non avrebbe senso.
Le conosco solo premute sulle mie,
che ancora non conosco,
ma sentendo le tue
sento le mie
e ci si scalda un po', alla fine.
Non è complicato
anzi
è tutto più semplice
di quanto alcuni si immaginano.
Non credo di sapere
o conoscere
forse intuisco.
Intuisco un attimo di smarrimento
per le mie mani
o un momento di tristezza
per la mia bocca
e sento,
intuisco,
che queste non sono parole,
o sono parole che vorrei ricoprire di carne
e di odori
e annusare e magari
leccare.
Certo mi sento
cambiato.
E a volte mi spavento
ma non ce n'è bisogno.
Sai com'è respirare a pieni polmoni
l'aria gelida
fa male,
ma va bene.
Cosa c'è da sapere?
Possibile si debba sapere ogni cosa?
Cosa volete?
Io mi cullo tra questi segni
e mi tranquillizzo di me stesso.
E se a volte mi sento strappato
come si strappa una pagina,
non c'è nulla da capire.

lungo questo

Non ho ombre da seguire
o voci che mi parlano
lungo questo.

domenica 14 marzo 2010

a

Questi colpi di bastone sulla schiena mi dicono cose che prima immaginavo da lontano,
mi ricordano le curve del'aria quando guardavo verso l'alto, quella notte
di luna che lasciava una luce sui contorni delle montagne.
Sono nato dal dolore e ritorno al dolore, in mezzo tutto è lieve nascosto e sogno
di correre nel prato inseguendo vermi.
Poi cade il colpo come una scure sulla testa,
sorride.
Tutto ci sorride, lo sai. Ogni cosa ci guarda passare e ci fa cenni, socchiude le palpebre.
Sonnolenta mattina di nebbia
l'umidità mi impregnava i vestiti le ossa i capelli.
Freddo, la schiena scoperta trema.
Ma intorno tutto sorride, la casa nascosta dall'edera, le talpe nelle buche.
Ghiaccio sul parabrezza.
Poi al caldo e al suono che si infrangeva sul molo tornavo sudato, bollente,
e tutto mi sorrideva, di nuovo, ancora.
Sabbia tra le dita dei piedi e sotto le unghie.

adesso

Sono stanco
ma è diverso
a volte dico di essere stanco
ma è come se mi stessi allontanando
ora sono stanco
mi cadono le palpebre e striscio le scarpe
eppure sono vivo
e lo sento,
ecco lo sento,
adesso.

mercoledì 10 marzo 2010

pienezza

Sei pieno quando sei stretto e respiri il suo stesso fiato
e ti scaldi alle sue spalle
e scrivi dei suoi fianchi aggrappati alle tue mani
e pensi a come ora non sei lì
a come non dovresti scrivere
a come attorcigliato sei sicuro
e ascolti muoversi il cuore sotto il seno
e spesso da solo stai bene
e spesso da solo stai meglio
e spesso da solo senti mancare
sempre più spesso
il conforto del flusso del sangue
scorrere tra i denti sotto gli occhi
tra i capelli nella spina dorsale
e ti trema la gamba
e come la terra sei pieno ed esplodi
e salti verso l'alto e scrivi
non sapendo cosa
stupidamente cercando un ordine
un senso
e impressioni te stesso un istante e ti rintani poi nella pienezza
del momento piombato a cielo scoperto
nel ventre aperto.

ascolta

Sbattendo al muro del pianto
su cui piansi nuotando nelle lacrime
e mutai consapevole di scendere
attraverso terre di cieli e acque
trafitto da radici semi marciti
e piante che mi incoronavano d'ombra
gemevano di gioia
al ritorno continuo
ascolta.

accecato

E potresti sentire dondolare e ballare sulla tua testa,
fino a vomitare oscillato da onde e suoni
di un tempo fuori tempo,
rotolato tra maree di violente luci
accecato da nuvole di bagliori
e di nuovo tornare spezzato come pane,
ruggine sul ferro battuto dall'acqua.

lunedì 8 marzo 2010

dormono

E sentire che le mie parole
si appoggiano addormentandosi
sulle ossa sporgenti dei tuoi fianchi.
Ho una gamba che mi trema in questo momento,
nervosa.
Perché?
Sono scosso, e nuoto, ora è notte.
La notte mi porta sempre un po' di compagnia.
Mi mette davanti quello che di giorno si nasconde nel rumore
e nei gesti.
Ma non sei mia
notte,
non sei mia.
Scapperai e ti rintanerai nei vicoli e sotto i letti,
e guarderai di sfuggita,
preparando il mantello
senza essere vista.
E mio non sarà quel temporale
che dalla coperta del bosco
ha sollevato quel sapore
selvatico.
A volte non so come abbracciarti.
E' vero che sono soltanto un bambino
a cui nulla si può davvero chiedere.

cemento

C'è un gatto sul cornicione, se ne sta in perfetto equilibrio, con la coda che oscilla alta e fiera.
Ci sono dei vasi sospesi alla ringhiera, dentro le piante sono scottate, gialle e secche.
Una volta nel cortile c'era un grande e meraviglioso salice piangente, aveva un tronco enorme, radici che cercavano in tutti i modi, prepotentemente, di farsi spazio oltre lo strato di cemento.
Aveva rami lunghi che pendevano verso il basso, e piccole foglie verdi, sottili, che ricordo morbide e profumate.
Era una pianta davvero elegante, alta e maestosa, era bello guardarla dal balcone, essere quasi alla sua altezza, e non vedere nient'altro oltre al suo tronco, ai suoi rami chinati, alle sue foglie pendenti.
Venne abbattuta qualche anno fa, e ne fui dispiaciuto, ero troppo abituato alla sua compagnia per non poterla rimpiangere.
Le sue radici avevano ormai alzato il cemento, crepandolo in vari punti, e c'era una porta che ormai non si riusciva più a chiudere.
Hanno preferito abbattere una pianta bellissima, sacrificandola al loro cemento.

scrivere

Scrivere può essere un ridurre qualcosa ad un insieme di segni.
Ma può anche essere rendere una cosa reale ancor più reale della realtà stessa, un seme negli occhi che matura e germoglia.
Può uccidere, o salvare, magari può più semplicemente ordinare, in alcuni casi disordinare, in altri allontanare, oppure avvicinare.
Corpi di diamante, colori di vetro, suoni d'aria.
E urla ogni singola parola scritta in un angolo deserto, urla la propria verità, di segno indecifrabile e comune a tutti, e che tutti sappiano, alla fine qualcosa si muove, nell'ombra.

domenica 7 marzo 2010

e voglio vedermi

Mi ritorna sempre quell'immagine
e il colore di quel momento
e l'odore di quel tempo.
E' un ricordo innocente
è una di quelle cose
che fanno arrossire a raccontarle
è un intimo piacere
che mi rende un mezzo sorriso di malinconia.
E' tutto così veloce ormai,
è tutto un volere imprimere un segno di se stessi,
è un complicare,
un ritrovarsi alla fine di un labirinto
di carte e documenti
e gioiose bugie
e accecanti modelli di vita già vissuta.
Io se ripenso
mi vedo,
ancora,
sì di nuovo dopo tanto tempo,
ad appoggiarmi,
di sera,
con la mano
sulla sabbia bagnata della spiaggia
e davanti
l'instancabile mare.

scrivere

Scrivere qualcosa è accennare un attimo a qualcos'altro, sempre, sfiorare tutto, soffiare su una fiammella che va spegnendosi, o sussurrare all'orecchio.

movimento al buio degli occhi

Scricchiola il pavimento di legno del teatro,
sotto i miei passi.
Adesso la mia scena.
Appoggio il palmo della mano alla fronte,
si muovono le gambe.
Ora si recita,
ora
la luce
mi acceca ai vostri occhi.
Ora siete voi i miei,
occhi per un istante
tragici
indomabili
malinconici
distesi al buio.
Un parquet
di legno vecchio scricchiola sotto i miei passi
che si fanno sempre più leggeri e sospesi
e sono loro i vostri passi
e sono loro il vostro cammino.
Avanti un piede
e l'altro
di nuovo l'altro ancora.
Non più acerbi movimenti appena accennati
ma superbi indomabili condottieri.
Camminate con me,
ballate con me,
io ora sono tutti voi,
lasciate che sia,
lasciate soltanto.
Passi e passi
e passi sul legno.

martedì 2 marzo 2010

immagine

E quello che tento di catturare
e strappare dalla sue concreta irrealtà trasparente
era disteso a fissarmi con i suoi tremanti occhi grandi
su un alto muro della città.

lunedì 1 marzo 2010

notte

Notte, notte chiara, tra vie e luci disperse.

foto

Assorto o triste,
selvatico e indomabile
che fossi.
A travolgermi
un vento,
a picchiarmi
la grandine.
A succhiare Sole
o coperto di mare,
sabbia umida sul viso.
Abbagliato di neve
o confuso tra pini.
Solo o abbracciato,
diritto o disteso,
spaventato di vita
o cullato di stanchezza.
Ti rivedo
come un lontano amico
scoperto per caso girato l'angolo.

passi

Incauti e ancora leggeri
passi che di rumore
hanno solo quello delle nostre voci
acerbe ancora.

sorriso

E ancora girarsi e ancora sbagliare
e di nuovo tornare
e lasciare intentato
abbozzare
iniziare senza scopo
o finire senza meta
tentare di nuotare
non sapendo
nemmeno galleggiare.